L’aura del passato nei luoghi di oggi: il Forno Fusorio di Tavernole sul Mella
Cenni storici
Quando si pensa a Bovegno e a Tavernole sul Mella, in provincia di Brescia, nessuno penserebbe che la Società degli Altiforni Fonderie ed Acciaierie di Terni possa essere coinvolta nell’evoluzione in senso industriale della Valtrompia.
Fu proprio per garantirsi l’autonomia nell’approvvigionamento di materie prime che nel 1886 la Società degli Altiforni Fonderie ed Acciaierie di Terni acquistò una serie di concessioni minerarie e un altoforno nella Valtrompia (Forno Brolo o Forno di Bovegno). Anche se le miniere valtrompine non erano neppure lontanamente paragonabili a quelle elbane, gli emissari della Terni trovarono una cultura mineraria e siderurgica senza eguali.
L’industria siderurgica italiana stava muovendo proprio in quegli anni i primi passi e nacque l’esigenza di nuove e abbondanti materie prime disponibili. Si era convinti che la Valtrompia potesse offrire grandi quantità di carbone fossile presente negli scisti, in particolare della Valle di Graticelle, evitando ulteriori costose importazioni dall’Inghilterra.9 Il forno di Tavernole sul Mella, posizionato sul greto del fiume poco al di fuori del centro abitato, attivo dal 1341 (negli Annali di Pezzate sono riportate le campagne fusorie: 1829, 1861, 1865-1873), rimase praticamente intatto, senza subire radicali modificazioni in corso di restauro (venne aggiunta solo una stufa per la fase di pre-riscaldamento dell’aria), nonostante gli attesi livelli di produzione fossero considerevoli. Non ci si deve pertanto meravigliare se la produzione giornaliera non superò le quattro tonnellate (in precedenza la produzione era più modesta aggirandosi attorno alle due tonnellate al giorno). Aver raddoppiato la produzione veniva già considerato come un grande successo dalla Terni ma i problemi non mancarono: se in passato il forno era attivo per circa 3 mesi all’anno, ora l’attività vedeva impegnato il forno per 300 giorni all’anno. Ciò tuttavia causava il deterioramento delle pietre di rivestimento interno al forno, ossia le parti esposte alla maggiore fonte di calore, e il forno doveva pertanto rimanere chiuso per lunghi periodi a distanza di pochi anni per la rimozione delle parti danneggiate e la loro sostituzione (ricordiamo le campagne fusorie della Terni: 1886-1888, 190-1901, 1920).
Le ricerche di carbone fossile (basate per lo più sui racconti dei minatori, i quali si ricordavano di aver notato agglomerati carboniferi quando le miniere erano utilizzate per l’estrazione del ferro) ebbero risultato negativo e la manutenzione del Forno Brolo risultò eccessivamente dispendioso per la Terni, la quale decise di sospendere gli investimenti nell’area Bresciana, senza contare il costo esorbitante del trasporto del carbone da Bovegno a Brescia via carretto (basti pensare che proprio in quegli anni la Terni finanziava un costoso processo di industrializzazione della conca terzana, riuscendo persino a fondere un lingotto da 80 tonnellate nel 1887).
All’entusiasmo subentrò la delusione. Il forno fusorio di Tavernole sul Mella cessò l’attività siderurgica agli inizi del Novecento. Dopo aver ospitato una segheria, venne definitivamente abbandonato.